Oggi rettifico, o meglio, aggiungo un elemento: il buonismo.
Può andare sempre tutto bene? è possibile che si debba trovare una giustificazione (non una spiegazione, cosa ben diversa) ad ogni atto? insomma, siamo ancora in grado di assumerci le nostre responsabilità (nel bene e nel male) di fronte alle nostre azioni?
Rifletto su questi elementi perchè trovo una dicotomia tra il "pensare comune buonista" e, per esempio, il codice civile o penale; pur conoscendoli solo di riflesso (e neanche tanto bene) mi sto accorgendo che questi due strumenti, tralasciando giustificazioni e spiegazioni ci mettono di fronte alle famose responsabilità, ed a volte il conto che presentano è abbastanza salato.
Per ovvi motivi legati al segreto professionale non potrò dilungarmi sui due episodi che son stati il germoglio di questa riflessione, ma...
- ha senso la percezione di impunità che si porta dentro un ragazzo africano che si permette di insultare, scappare, dettare condizioni, ed altro che sarebbe troppo circostanziato, forte del fatto che "io arrivo da XXX e non sono come gli altri, a me il permesso di soggiorno devono darlo" concludendo il ragionamento citando episodi simili con l'happy end da lui citato?
- ha senso che un educatore, non la madre, di fronte alla lettura di un grave capo d'imputazione di un giovane che ha previsto delle misure altamente restrittive commenti "è colpa della società"?
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