mercoledì 28 settembre 2011

“Il completamento del percorso scolastico non è una priorità”


Ecco, leggo e rileggo più volte il titolo di questo post e più vado avanti più ritengo questa affermazione surreale.
Il titolo del post me l'ha “dettato” una Assistente Sociale oggi nel primissimo pomeriggio (causando peraltro una decisa complicanza digestiva) quando mi ha telefonato per comunicarmi (da un giorno all'altro) che il sevizio, nel giro di poco tempo, procederà alla dimissione di un nostro ospite.
I fatti sono semplici (e se ci atteniamo solo a questa categoria, la sua logica pragmatica ne esce vincitrice): lui vuole tornare a casa, in comunità sta aspettando solo i 18 anni per poi rientrare a casa, i genitori non stanno alle regole degli incontri “protetti” ed in un paio di occasioni lo hanno portato a casa, lui li sente telefonicamente al di fuori delle regole stabilite, indi per cui l'inserimento non ha più senso e lo rimandiamo (appunto) a casa.

Ok, ma mi sembra che ci siano anche altre considerazioni da fare:
  1. A casa è riuscito a farsi bocciare sia alle elementari che alle medie, mentre stando in comunità ha preso la licenza media ed ha terminato con profitto il primo anno di un corso biennale per diventare elettricista
  2. Il motivo principale del suo inserimento è stato il rischio di abbandono scolastico, ed anche noi molto spesso abbiamo dovuto calcare la mano con lui per ottenere una corretta frequenza scolastica
  3. In tutto il periodo di inserimento il ragazzo ha fatto dei progressi enormi sia dal punto di vista della socializzazione che della fiducia verso gli adulti, per cui è vero che ha trasgredito ad alcune regole, ma è anche vero che ha 17 anni (adolescenza, vi dice niente questo termine???) e che se non fosse stato un nucleo familiare problematico forse non l'avremmo nemmeno conosciuto
  4. C'è un dispositivo del Tribunale dei Minori che stabilisce la sua permanenza in comunità fino al raggiungimento della maggiore età, per cui, al di là di dover poi rendere conto al suddetto di un'eventuale dimissione, a lui (ed a chi rimarrà) cosa andiamo a spiegare? Che se a lui non sta bene cosa decide un giudice può non solo agire diversamente ma ottenere come premio lo stravolgimento unilaterale del dispositivo
  5. Ci sarà un motivo se il Giudice non solo ha stabilito il suo collocamento, ma ha anche inserito i suoi 2 fratelli in altre strutture (di cui uno attualmente in affido e sulla strada dell'adozione) e limitato la potestà genitoriale.

L'A.S. con cui mi tocca confrontarmi su questo tema pare insensibile a questi ragionamenti, soprattutto ai primi due, tant'è che la risposta alla mia prima obiezione (così perde un anno scolastico e vanifichiamo il lavoro di 2 anni) è il titolo di questo sfogo (perchè non è un post questo, è uno sfogo); ma se questi obiettivi non sono insiti in un A.S. in chi lo devono essere? In lui? Nei suoi genitori?
Stiamo per “riconsegnare” alla società un adolescente che è già condannato a non avere un futuro, e questa volta a farlo sono i servizi sociali stessi.

PS: detto per inciso, e sarà quello che domani mattina alle 9,00 andrò a sbatterle in faccia nell'appuntamento che ho dovuto mendicare perchè altrimenti potevamo chiuderla con una telefonata, questo diciassettenne non terminerà il percorso scolastico con noi (e quasi sicuramente non lo porterà a termine in generale) per questioni di bilancio: ritengono che la comunità per questo ragazzo sia un costo superfluo, per loro vale la pena correre il rischio e risparmiare qualche migliaia di Euro da qui a Giugno anche a scapito del futuro altrui.

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